Si presenta già come un successo, giungendo in Italia con i suoi già milioni di lettori nel mondo. Notato anche da una casa cinematografica, Nerve sarà presto nelle nostre sale, precisamente il 15 giugno, e devo dire che non aspetto altro! La Newton Compton gentilmente mi aveva invitato all'anteprima di sera al cinema Colosseo di Milano, ma non sono potuta andare, purtroppo, e il mio piccolo cuoricino palpita in attesa del giorno di uscita del film. Per il momento mi godo la lettura del libro che uscirà giusto dopodomani, ovvero il 1 giugno. Una lettura che promette tanto fin dal primo adrenalinico capitolo, e già preannuncia il suo ritmo serrato, impossibile smettere di leggere!
Ringrazio come sempre la Newton Compton per le anteprime che mi manda. Io, intanto, vi aspetto giovedì con un nuovo post per parlare dell'attesissimo film Nerve e delle cover del libro, una diversa per ogni paese: non mancate!
Ringrazio come sempre la Newton Compton per le anteprime che mi manda. Io, intanto, vi aspetto giovedì con un nuovo post per parlare dell'attesissimo film Nerve e delle cover del libro, una diversa per ogni paese: non mancate!
NERVE
Jeanne Ryan
…
Genere: Young Adult, Thriller | Editore: Newton Compton
Prezzo: 10,00 €, 4,99 € eBook | Pagine: 256
Data di pubblicazione: 1 giugno 2017
Quando viene selezionata come concorrente per Nerve, un gioco in diretta online, Vee non è sicura che avrà il coraggio necessario ad affrontare le sfide via via proposte. Eppure chiunque si nasconda dietro Nerve sembra conoscerla alla perfezione e sapere esattamente ciò che desidera: i premi sono allettanti e il suo partner nel gioco è il ragazzo perfetto, il brillante e sensuale Ian. In un primo momento tutto si rivela incredibilmente divertente: i fan di Vee e Ian tifano per loro e li spingono ad alzare la posta con imprese sempre più rischiose. Ma il gioco ha una svolta poco chiara quando i partecipanti vengono indirizzati verso una località segreta con altri cinque giocatori per il round del Gran Premio, la finale di Nerve. Improvvisamente stanno giocando il tutto per tutto e in palio c’è la loro vita. Fino a che punto il sangue freddo di Vee la sosterrà per andare avanti?
PROLOGO.
Aveva
dovuto aspettare tre giorni ma finalmente, alle quattro di una domenica
mattina, la strada di fronte a casa di Abigail si svuotò di tutti gli Spettatori.
Perfino i più malati dovevano dormire ogni tanto, probabilmente. Anche lei
avrebbe avuto bisogno di riposo,
ma soprattutto desiderava disperatamente un po’ di libertà. Ormai non usciva di
casa da quasi una settimana.
Scarabocchiò
un biglietto per i suoi, buttò un po’ di roba in macchina e partì a tutta
velocità, continuando a guardare nello specchietto retrovisore finché non ebbe
lasciato la città e anche dopo, nelle due ore di viaggio fino al parco nazionale
di Shenandoah. Le innumerevoli
volte in cui aveva cavalcato con i suoi su quei sentieri c’erano stati giochi,
canzoni, video, o a volte solo sogni a occhi aperti, ma quel giorno l’unica
emozione che avvertiva era un crescente senso di panico.
Ignorando
quello che i genitori le avevano detto per anni, cioè di cercare un ranger
appena entrava nel parco, Abigail lasciò la macchina all’imboccatura del
sentiero più isolato che riuscì a trovare e si incamminò tra il fogliame che
avrebbe avuto bisogno urgente di una potatura. Nel primo pomeriggio avrebbe
dovuto trovare un posto per accamparsi, ma per ora voleva solo sparire nel
verde. Se fosse riuscita a seminare gli Spettatori almeno per un po’,
nella natura avrebbe trovato pace, se non altro per qualche giorno.
Lo
zaino le pesava sulle spalle mentre si inerpicava sul pendio roccioso, facendosi
largo tra le felci e raccogliendo le occasionali gocce di rugiada rimaste sulle
foglie. Uno scroscio lontano la spronò con la promessa di una cascata. Sarebbe
stata una distrazione benedetta dal continuo rimuginare che aveva occupato i
suoi pensieri negli ultimi ventitré giorni.
Maledetto
gioco.
Allontanò
bruscamente un ramo basso e le cadde in testa acqua mista a foglie.
Chissenefrega,
nessuno sarebbe stato lì a guardare i pezzi di foglia incollati alla pelle e ai
capelli. Eppure, pensare alle altre persone le fece tornare subito in mente
immagini insistenti e indesiderate. E paure. Paure che strisciavano ai confini
della sua consapevolezza e che sembravano prendere forma fisica, in quel
momento, in un rumore di passi attutiti alle sue spalle.
Si
irrigidì nell’attesa, pregando che il rumore fosse solo nella sua immaginazione.
La sua mente l’aveva tradita spesso negli ultimi tempi. Fermati. Concentrati.
Pensa.
I
passi si interruppero per un istante, poi ripresero più veloci. Sì, c’eraqualcuno
dietro di lei. Cosa doveva fare?
Nascondersi
dietro a un cespuglio e lasciarlo passare? Doveva essere solo un escursionista
in cerca di solitudine, proprio come lei. Comunque nascondersi le sembrava il
piano migliore. Si affrettò per guadagnare un po’ di terreno e si infilò tra i
rami di un lussureggiante rododendro.
I
passi si fecero più forti, il rumore faceva pensare a qualcuno di pesante. Erano
queste le “conseguenze” di cui l’avevano minacciata gli stronzi che gestivano
il gioco, le conseguenze che ci sarebbero state se non si fosse resa disponibile
per i fan? Ma non potevano aspettarsi
che fosse gentile con i bastardi che la chiamavano a tutte le ore, con i
pervertiti che la seguivano anche in bagno, con gli psicopatici che avevano
aperto quel sito spaventoso con tutte le foto sue e degli altri giocatori trasformate
in bersagli. Appena l’aveva scoperto si era inventata una malattia per restare
in casa la settimana precedente.
Ma non poteva nascondersi per sempre. E non poteva neanche ottenere
un’ordinanza restrittiva per il resto del pianeta.
Il
suo respiro si fece più rapido e superficiale mentre i passi si avvicinavano.
Erano ritmici, misurati.
Forse
non erano neanche umani.
Stranamente,
l’idea di imbattersi in un orso bruno la spaventava meno del pensiero di un
altro escursionista. O magari i passi erano solo nella sua testa. Poteva essere
un sogno, manipolato come tutti gli altri suoi pensieri coscienti durante il
gioco e anche dopo.
Era
sempre più difficile capire cosa stava succedendo realmente. Come il biglietto
che aveva trovato in una rivista quando aveva fatto un salto al centro commerciale:
Cara Abigail, il gioco finisce solo quando lo decidiamo noi.
Come
facevano a sapere che sarebbe entrata proprio in quel negozio, che avrebbe
sfogliato proprio quella rivista?
Eppure,
mentre strappava via tutti i giornali dall’espositore per controllare se ce ne
fossero altri manomessi, non era più riuscita a trovare il biglietto. Se mai ce
n’era stato uno. Forse l’aveva rubato uno di quei “noi” senza volto che spiavano
ogni sua mossa. Quella era la parte peggiore: non sapeva che aspetto avesse il
nemico, mentre la sua stessa immagine era disponibile per chiunque come una
perversa specie di carta da gioco.
Ai
passi si unì un fischiettio. Nemmeno la sua fervida immaginazione riusciva a concepire
uno scenario in cui un animale conosceva la melodia di Somewhere Over the
Rainbow. I suoi occhi si riempirono di lacrime. Si sforzò di convincersi che
quella persona fosse solo un appassionato di trekking di buon umore.
I
passi si fermarono. Abigail sprofondò di più tra le foglie, mentre i cespugli vicini
si aprivano frusciando.
Una
voce profonda disse: «So che sei qui».
Abigail
sentì lo stomaco trasformarsi in gelatina. Aderì all’albero alle sue spalle,
rimpiangendo di non essersi arrampicata. Non c’era anima viva nel raggio di
chilometri. Uno sguardo rapido al cellulare confermò che non aveva campo.
Prevedibile. Negli ultimi giorni quel telefono le aveva portato solo disgrazie.
I
rami del rododendro in cui si nascondeva si scostarono. Comparve un uomo con la
faccia da pitbull e l’alito che sapeva di bacon. Oddio, era meglio non
conoscere l’aspetto dei suoi aguzzini. Quell’immagine avrebbe popolato i suoi
incubi per il resto della sua vita. Che forse sarebbe stato molto breve.
Le
mani grasse scostarono di più i rami. «Perché non vieni fuori, dolcezza? Sarebbe
più semplice per tutti e due».
Tutti
i muscoli di Abigail si contrassero e le ginocchia quasi cedettero. Un terrore
assoluto le crebbe nella pancia, peggio che durante l’ultimo round del gioco
quando aveva affrontato una stanza piena di serpenti. E pensare che una volta
era stata quella la sua paura più grande.
Nonostante
il tremore che le scuoteva il petto, da qualche parte trovò la forza per
rispondere. «Lasciami in pace, stronzo».
L’uomo
rimase sorpreso. «Non c’è bisogno di fare così. Sono stato il tuo più grande
fan».
Abigail
guardò la penombra della boscaglia. Era la sua unica speranza.
Lasciò
cadere lo zaino a terra, poi scattò verso il punto in cui i rami erano più radi.
Ce n’erano comunque ancora abbastanza da graffiarle le braccia, mentre li
allontanava di corsa per aprirsi un passaggio. Purtroppo l’uomo bloccava il
sentiero verso la sua macchina, perciò l’unica opzione rimasta era inoltrarsi
nella foresta sulla collina.
Abigail
correva, seguita dai passi pesanti dello sconosciuto. Ben presto tutti i rumori
furono coperti dallo scroscio della cascata. Una foschia leggera le accarezzò
il viso mentre si avvicinava al parapetto cadente del belvedere. L’unica via di
fuga era un dirupo scosceso con le rocce coperte di muschio.
Dietro
di lei, il fischiettio stonato riusciva a coprire il rumore dell’acqua.
Abigail
si girò per affrontare l’uomo.
Lui
aveva le tasche rigonfie. I profili aguzzi degli oggetti che contenevano le fecero
venire in mente le varie armi del delitto di Cluedo. Non che lui avesse bisogno
di coltelli o candelabri per ucciderla, le sue braccia da sole erano grosse
come i tronchi degli alberi vicini.
Cosa
voleva? Era solo un fan con la bava alla bocca che aveva deciso di punirla per
aver mancato la “puntata finale” con gli altri giocatori, la sera prima?
Abigail l’aveva guardata con le mani sulla bocca, aveva guardato i suoi compagni
di gioco che ridevano e scherzavano nonostante il tremore delle guance e le
occhiaie scure. Eppure, più tardi, nessuno di loro aveva risposto ai suoi messaggi,
come se contattare lei fosse più pericoloso di qualsiasi cosa li stesse
perseguitando. Era tutto così folle. Quando si era iscritta al gioco nessuno
l’aveva avvisata dei video di follow-up, né degli stalker.
Abigail
scavalcò il parapetto, aggrappandosi al metallo scivoloso.
Sarebbe
riuscita a scendere fino al fiume senza rompersi il collo?
«Non
c’è bisogno di scappare, Abigail». L’uomo infilò una mano in tasca con un
grugnito. «Vieni qui e collabora. Possiamo fare uno scatto che non avrà nessun
altro, guadagneremo mille crediti».
Crediti?
Allora era uno di quegli squilibrati che filmavano o fotografavano i giocatori
solo per guadagnarsi il rispetto degli altri Spettatori, che si esprimeva sotto
forma di voti o crediti. Se esisteva una scala di misurazione del terrore, il
tizio si stava avvicinando al jackpot. Quei pervertiti ci godevano. Ma lui era
disposto a spingersi oltre le foto? La gola di Abigail si chiuse al solo
pensiero. Respirare a fondo. Concentrarsi su una via di fuga.
Lui
la fissò con la testa inclinata, come per valutare la luce e l’inquadratura.
Era possibile che il tizio volesse davvero solo una foto? Abigail trattenne il
fiato mentre lui estraeva lentamente la mano dalla tasca. Riusciva a pensare
solo che era strano che la sua vita non le passasse tutta davanti agli occhi.
Quello che invece ricordava era un vecchio film che aveva visto a nove anni
durante una lezione di inglese, La donna o la tigre? Quel film l’aveva fatta
infuriare perché lasciava il pubblico nel dubbio. Non potevano decidere un
finale e basta?
In
quel momento, lo sconosciuto davanti a lei poteva estrarre una macchina
fotografica o una pistola, a seconda di quello che voleva rubarle: uno scatto o
la vita. Singhiozzando, Abigail si rese conto che una parte di lei avrebbe
preferito proprio l’opzione che prima di giocare non si sarebbe mai sognata di
scegliere. Così, se non altro, l’orrore che era diventato la sua realtà sarebbe
finito.
Lui
estrasse la mano mostrando una macchina fotografica, piccola e nera come un
grazioso coleottero. Abigail espirò e ingoiò i singhiozzi. Uno scatto, quindi.
Forse, impegnandosi con tutte le sue forze, sarebbe riuscita a imbastire un sorriso
e tutto sarebbe finito. Avrebbe potuto rifare il sentiero di corsa, guidare fino
a casa come se avesse avuto il diavolo alle calcagna e nascondersi in camera
sua per il resto della giornata. O più a lungo. Prima o poi gli Spettatori avrebbero
perso interesse, non appena fosse iniziato un nuovo torneo con altri giocatori.
«Fammi
un bel sorriso», disse l’uomo davanti a lei.
Abigail
lo fissò e cercò di sollevare gli angoli della bocca. Una goccia di sudore le
scivolò lungo la tempia, subito seguita da un’altra. Ancora qualche secondo,
poi sarebbe tutto finito. Click. Abigail svuotò i polmoni. Okay, se quello che
lui voleva era tutto lì, bene. Cioè, non bene, ma si poteva sopportare.
In
quel momento, con un sorriso sghembo, l’uomo infilò la mano nell’altra tasca.
Ciao Roby, interessante! Ma è un autoconclusivo o una serie?
RispondiEliminaCiao Cristy!! A quanto pare non si tratta di una serie!!
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