E’ un fenomeno ormai diffusissimo.
Purtroppo
l’Italia, per gli italiani, e le loro fresche menti fantasiose, non rappresenta
più un luogo d’ispirazione.
Facciamo
parte, sempre più, di un panorama effettivamente e culturalmente influenzato
dalle mentalità straniere. Esempio tangibile è l’autorevolezza e la magnifica
realtà americana, che ci fa sognare a occhi aperti un magico mondo lontano, ma
altrettanto così vicino e originale. I Cupcakes, la moda, la metropoli… Sono
solamente alcuni degli elementi che ci vengono in mente se pensiamo alla Grande
Mela di cui, almeno in buona parte, siamo innamorati per averla vista in tutte
le salse alla televisione e nei film. Ma è proprio questo il punto: la
valorizzazione di un luogo.
Come
possiamo pensare di riuscire a competere contro i grandi maestri della
scrittura, o gli sceneggiatori, che dell’America ne hanno fatto un luogo di
molteplici inizi, vivendoci, osservando la gente, assaporando i profumi,
l’atmosfera, i colori, i suoni.
La
risposta è che non possiamo.
La voglia di raccontare una trama basandosi
sulla cornice armoniosa di un luogo perfetto è forte, ed è legittima. Ma non
quando a farne le veci è una persona esterna.
Non
un italiano. Perché, penso e sono certa, che lo scrittore italiano è dotato di
un potere magnifico che è la creatività e la voglia di raccontare. Spesso,
però, si perde e decide di lasciare che la sua mente vaghi in posti a lui
congeniati. Zone di una città, o di un paese che vorrebbe visitare, ma che, in
realtà, non ha mai messo piede. Rimane solo un sogno.
Perché dunque ambientare un romanzo in
America?
Lo
scrittore italiano prende questa decisione seguendo il cuore e i suoi piaceri.
Sant'Agata dei Goti in provincia di Benevento |
Eppure
esso è in grado di stendere parole come in un’incantevole danza, di menzionare
e di parlare di un posto che si trova più vicino di quanto lui creda. Aree
urbanistiche italiane, che nulla hanno da invidiare alla grande metropoli
americana. Ambienti fioriti di mille colori e sensazioni scaturite dalle
campagne lombarde, muse ispiratrici grandiose, o delle colline toscane,
arricchite d’oro e dalle forme degli alberi, che crescono in un’elegante
composizione naturale. Le tradizioni, la cultura, la musica, le persone. Perché
non valorizzare ciò che conosciamo meglio?
Perché
non competere con gli scrittori stranieri, i quali hanno saputo come sfruttare
gli elementi della loro terra, attirandoci nella loro rete e invitandoci ad
approfondire la bellezza delle loro narrazioni?
E’
uno strano caso davvero.
Insomma
pensate a come sarebbe scrivere dell’Italia, che di posti belli ne è
assolutamente padrona. Partendo dalla punta dello stivale troviamo la Sicilia,
fresca e calda allo stesso tempo, dal gusto mediterraneo e luogo d’incontro di
antichi popoli che hanno fatto la storia.
Roma, una città la quale storia diviene più imponente della città
stessa, i grandi monumenti fanno da sfondo e da casa ad uno dei tanti emblemi
italiani che il mondo intero ci invidia. Venezia fatiscente nella sua magica
atmosfera tra acqua e terra, e le gondole simbolo di una tradizione centenaria
che ancora oggi ci affascina. L’Italia è bella.
Dimentichiamoci
dei problemi per un attimo, la letteratura serve anche a questo.
Dimentichiamoci
della crisi, delle ingiustizie, del dolore; e se proprio non ci riusciamo
capovolgiamo il tutto a nostro favore. Facciamo diventare questo un punto di
forza. L’Italia ha bisogno di attenzioni.
I
luoghi d’Italia hanno bisogno di attenzioni.
Io
già mi immagino un best seller italiano ambientato in una piccola isola
paradisiaca d’Italia. Un libro invidiato dal New York Times che non potrà
proclamarlo in esclusiva come rivelazione dell’anno.
L’Italia…
Ma ve lo immaginate quanto sarebbe bello?
Comprendo l’esigenza evasiva dello scrittore
che vuole a tutti i costi parlare di una località straniera. Comprendo anche la
estraneità che si prova nel pensare solamente di porre la propria trama in un
contesto a noi più conosciuto. L’euforia nell’immaginare una scena collocata in
uno dei tanti boschi nel Michigan. La bellezza del scegliere nomi americani per
i propri personaggi.
Sorrento, Italia – Mulino abbandonato dal 1866 |
Ma
vi dirò una cosa.
Spesso
e volentieri questa scelta non è poi così credibile.
Non
se non conosciamo veramente quello di cui andiamo a descrivere. Non se quei
personaggi, a noi tanto amati e che abbiamo costruito pensiero dopo pensiero,
non hanno la consistenza giusta. Rimarrà sempre un carattere, seppur nascosto.
Come un marchio invisibile ma che è ben percepibile. Il marchio Italiano.
Perché
dunque ambientare un romanzo all’estero?E voi cosa ne pensate?
Siete d'accordo o pensate il contrario?
Spero di essere riuscita ad ispirarvi.
Sono assolutamente d'accordo con te su tutto!!! ^^
RispondiEliminaCiao Ilaria,grazie di essere passata! Sono contenta che ci sia qualcuno che la pensi come me!
EliminaUn bacio e un saluto!
Io penso che ambientare un romanzo in America o in altri posti ha il suo perché. C'è ancora per tutti, o quasi, quel sogno di andare in America, vedere città enormi che qui non ci sono e tutta la cultura che ne consegue. Per il resto concordo sul fatto che anche qui in Italia ci sono posti meravigliosi ma che forse non apprezziamo come dovremmo.. e che è abbastanza assurdo che gli autori che non sono manco mai stati negli stati uniti, si mettono a descrivere quei luoghi come se li conoscessero... ma come si dice? L'erba del vicino è sempre la più verde
RispondiEliminaCondivido la tua perplessità, anche io trovo strano ambientare romanzi italiani in paesi stranieri senza che ce ne sia bisogno,ma solo per avere una location considerata più attraente e soprattutto credo che sia pericoloso anche per un autore, maggiormente se alle prime armi, perché parlare di qualcosa che si conosce ma magari superficialmente non aiuta la verosimiglianza del romanzo.
RispondiEliminaE' esattamente questo il punto. La credibilità del romanzo, già partendo dal presupposto che si conosce l'autore come italiano (e non straniero), perde molto. Non si riesce ad entrare nell'ottica.
EliminaGrazie del commento, un salutoo